Torniamo agli anni '50 del secolo scorso, nel pieno della corsa agli armamenti nucleari che caratterizzarono quel periodo.
La fusione nucleare rappresenta ancora oggi il Santo Graal della fisica sperimentale, ma mentre oggi aneliamo alla fusione nucleare controllata per la produzione di energia elettrica a scopi pacifici, l'obiettivo 70 anni fa era quello di creare ordigni atomici di inaudita potenza.
Il test Ivy Mike (ne ho parlato in un mio post) era stato un successo come technology demonstrator, provando la fattibilità tecnica delle bombe termonucleari (o bombe H) secondo il modello Teller-Ulam.
Ma la strada verso una bomba termonucleare effettivamente 'utile' per scopi bellici era ancora lunga. La bomba di Ivy Mike, soprannominata 'Salsiccia', non era impiegabile per scopi bellici, con un peso complessivo superiore alle 70 tonnellate e dimensioni tali da dover essere assemblata in un hangar, certamente non poteva essere alloggiata in un bombardiere o lanciata con un ICBM.
Il modello del test Ivy Mike era di tipo criogenico in quanto impiegava deuterio allo stato liquido, gli sforzi successivi andarono quindi in due direzioni: da una parte di lavorò ad un progetto che consentisse la miniaturizzazione del modello di bomba criogenica che ne consentisse la trasportabilità e quindi l'impiego bellico, l'alternativa fu quella di sviluppare un modello di bomba 'asciutta', in cui il deuterio venisse trattato in forma solida, eliminando la necessità di mantenere il deuterio allo stato liquido e riducendo intrinsecamente peso e dimensioni degli ordigni.
L'Operazione Castle era stata prevista per il 1954 e aveva lo scopo di testare sul campo entrambe le soluzioni pensate in laboratorio. Il successo dei test con bombe 'a secco' indusse gli americani ad abbandonare il modello di bomba criogenica che dunque non fu neppure testata.
L'operazione Castle portò alla detonazione di 5 bombe, quasi tutte di grande potenza. Il design Teller-Ulam aveva dimostrato di essere efficace: secondo questo progetto le pressioni e temperature necessarie per innescare la fusione dell'idrogeno in elio (che nelle intenzioni dei progettisti determinava il rendimento della bomba) erano generate da una bomba a fissione.
Il combustibile per la fusione nel modello 'a secco' (che sarebbe diventato il progetto di riferimento per la maggioranza delle bombe successive) era costituito da un sale di litio noto come deuteruro di litio, solido a temperatura ambiente. Tornando ancora al progetto Teller-Ulam, I raggi X prodotti dall'ordigno primario (la bomba a fissione) opportunamente 'guidati' verso il deuteruro di litio libera deuterio e trizio che vengono fusi in elio generando un'enorme quantità di energia.
Il design Teller-Ulam
L'idea che la fusione termonucleare potesse essere innescata dalla bomba a fissione era stato teorizzato da Enrico Fermi già nel 1941, discutendone con il giovane Edward Teller. Il fatto che Teller impiegò una decina d'anni a venirne a capo indica quanto sia complesso il problema fisico da risolvere (ne parlo diffusamente in un post dedicato).
Anche se i dettagli tecnici delle bombe termonucleari sono ancora oggi uno dei segreti militari meglio custoditi, i principi sono ora noti al grande pubblico di non addetti ai lavori.
Cercando di semplificare al massimo, il design Teller-Ulam prevede un ordigno primario (la bomba a fissione) contenuto in un case metallico insieme al combustibile (il deuterio) impiegato per innescare la fusione. Il deuterio è avvolto in strati di materiale plastico e uranio 238, che hanno lo scopo di 'concentrare' l'energia liberata dalla bomba a fissione verso il deuterio.
Al centro della bomba è inoltre presente un nocciolo di plutonio 239 che ha lo scopo di innescare la reazione di fusione (chiamato 'fission sparkplug' in inglese, ovvero 'candela di accensione a fissione'). Con la detonazione della bomba a fissione il nocciolo di plutonio, bombardato dai raggi X generati dalla bomba a fissione, libera una grande quantità di neutroni che separano il deuterio dal litio, producendo, per fissione del litio, una certa quantità di trizio e scatenando il processo di fusione tra deuterio e trizio (molto più energetica di quella tra deuterio e deuterio). All'enorme energia appena sviluppata si aggiungono quelli della fissione indotta nei frammenti di uranio 238 interni all'ordigno. L'intero processo dura solamente poche centinaia di nanosecondi.
Ma la strada verso una bomba termonucleare effettivamente 'utile' per scopi bellici era ancora lunga. La bomba di Ivy Mike, soprannominata 'Salsiccia', non era impiegabile per scopi bellici, con un peso complessivo superiore alle 70 tonnellate e dimensioni tali da dover essere assemblata in un hangar, certamente non poteva essere alloggiata in un bombardiere o lanciata con un ICBM.
Il modello del test Ivy Mike era di tipo criogenico in quanto impiegava deuterio allo stato liquido, gli sforzi successivi andarono quindi in due direzioni: da una parte di lavorò ad un progetto che consentisse la miniaturizzazione del modello di bomba criogenica che ne consentisse la trasportabilità e quindi l'impiego bellico, l'alternativa fu quella di sviluppare un modello di bomba 'asciutta', in cui il deuterio venisse trattato in forma solida, eliminando la necessità di mantenere il deuterio allo stato liquido e riducendo intrinsecamente peso e dimensioni degli ordigni.
L'Operazione Castle era stata prevista per il 1954 e aveva lo scopo di testare sul campo entrambe le soluzioni pensate in laboratorio. Il successo dei test con bombe 'a secco' indusse gli americani ad abbandonare il modello di bomba criogenica che dunque non fu neppure testata.
L'operazione Castle portò alla detonazione di 5 bombe, quasi tutte di grande potenza. Il design Teller-Ulam aveva dimostrato di essere efficace: secondo questo progetto le pressioni e temperature necessarie per innescare la fusione dell'idrogeno in elio (che nelle intenzioni dei progettisti determinava il rendimento della bomba) erano generate da una bomba a fissione.
Il combustibile per la fusione nel modello 'a secco' (che sarebbe diventato il progetto di riferimento per la maggioranza delle bombe successive) era costituito da un sale di litio noto come deuteruro di litio, solido a temperatura ambiente. Tornando ancora al progetto Teller-Ulam, I raggi X prodotti dall'ordigno primario (la bomba a fissione) opportunamente 'guidati' verso il deuteruro di litio libera deuterio e trizio che vengono fusi in elio generando un'enorme quantità di energia.
Il design Teller-Ulam
L'idea che la fusione termonucleare potesse essere innescata dalla bomba a fissione era stato teorizzato da Enrico Fermi già nel 1941, discutendone con il giovane Edward Teller. Il fatto che Teller impiegò una decina d'anni a venirne a capo indica quanto sia complesso il problema fisico da risolvere (ne parlo diffusamente in un post dedicato).
Anche se i dettagli tecnici delle bombe termonucleari sono ancora oggi uno dei segreti militari meglio custoditi, i principi sono ora noti al grande pubblico di non addetti ai lavori.
Cercando di semplificare al massimo, il design Teller-Ulam prevede un ordigno primario (la bomba a fissione) contenuto in un case metallico insieme al combustibile (il deuterio) impiegato per innescare la fusione. Il deuterio è avvolto in strati di materiale plastico e uranio 238, che hanno lo scopo di 'concentrare' l'energia liberata dalla bomba a fissione verso il deuterio.
Al centro della bomba è inoltre presente un nocciolo di plutonio 239 che ha lo scopo di innescare la reazione di fusione (chiamato 'fission sparkplug' in inglese, ovvero 'candela di accensione a fissione'). Con la detonazione della bomba a fissione il nocciolo di plutonio, bombardato dai raggi X generati dalla bomba a fissione, libera una grande quantità di neutroni che separano il deuterio dal litio, producendo, per fissione del litio, una certa quantità di trizio e scatenando il processo di fusione tra deuterio e trizio (molto più energetica di quella tra deuterio e deuterio). All'enorme energia appena sviluppata si aggiungono quelli della fissione indotta nei frammenti di uranio 238 interni all'ordigno. L'intero processo dura solamente poche centinaia di nanosecondi.
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Wikipedia |
Castle Bravo
Mi concentro ora su Castle Bravo, il primo dei test previsti che ebbe conseguenze molto spiacevoli e certamente tragiche.
Nel caso di Castle Bravo non fu previsto un secondo effetto che aumentò notevolmente la potenza della bomba: Il litio in natura è presente comunemente in 2 isotopi, il litio-6 e il litio-7, e il deuteruro di litio contenuto nella bomba era costituito per il 40% da litio-6 e per il 60% da litio-7; si riteneva all'epoca che solamente il litio 6 contribuisse a innescare la fusione, mentre l'isotopo litio-7 era ritenuto inerte.
In realtà il bombardamento da neutroni veloci all'interno del case determinò la fissione del litio 7 in trizio aumentando il combustibile per la fusione e incrementando grandemente la potenza dell'esplosione.
Il rendimento (yield) della bomba di Castle Bravo era previsto sui 6 Megatoni, ma raggiunse a causa dell'errata valutazione un'energia liberata pari a 15 Megatoni, e rimane ad oggi la bomba più potente mai detonata dagli Stati Uniti.
Ma il diavolo ci mise la coda: una serie di errori e negligenze trasformò un test che con i suoi difetti avrebbe contribuito ad aumentare le conoscenze sulle bombe, in un tragico incidente le cui conseguenze si prolungarono per anni.
La bomba esplose il 1 marzo 1954 nell'atollo di Bikini, in condizioni meteorologiche non favorevoli con un forte vento che soffiava verso est in direzione di alcuni atolli abitati. Ritenendo, a torto, che l'energia della bomba non dovesse superare i 6 Megatoni solo una porzione relativamente piccola attorno all'atollo venne sgomberata.
Il fungo atomico raggiunse un'altezza di 15 km ed un diametro di circa 12 in un solo minuto. Dopo dieci minuti, l'altezza aveva superato i 40 km e il diametro era arrivato a ben 100 km. Il cratere Bravo aveva un diametro superiore ai 2000 m con una profondità di 80 m
Il fallout radioattivo, amplificato dal fatto che Bravo fu fatto esplodere praticamente al suolo, a causa di venti sfavorevoli (rilevati ma non considerati un fattore decisivo per annullare o posticipare il test) raggiunse i vicini atolli di Rongerik e Rongelap e anche un peschereccio giapponese, trasformando il test Bravo nel peggior disastro radiologico nella storia degli Stati Uniti.
Entro 15 minuti dalla detonazione i livelli di radiazione nell'isola di Eneu, dove era alloggiato il personale militare che doveva misurare gli effetti della bomba salì vertiginosamente e il personale fu costretto a rifugiarsi nelle aree più pesantemente protette del bunker. Gli sfortunati addetti furono recuperati dal loro rifugio solamente 11 ore più tardi.
Un'ora dopo l'esplosione le navi della Marina posizionate 30 miglia a sud di Bikini registrarono anch'esse livelli di radiazioni elevati e i marinai furono costretti a ritirarsi sottocoperta mentre le navi si allontanavano dall'atollo alla velocità massima.
A Rongerik, oltre 200 km da ground zero il personale americano fu evacuato il giorno successivo dopo aver ricevuto esposizioni significative.
Circa cinque ore dopo la detonazione, a Rongelap cominciò a piovere fallout radioattivo, in poche ore l'atollo fu ricoperto da una finissima sostanza bianca e polverosa. Era il calcio dei coralli, vaporizzato dall'esplosione e reso radioattivo dai sottoprodotti della fissione. Gli isolani di Rongelap, Ailinginae e Utirik a soli 180 km dal sito non furono evacuati che il 3 marzo ricevendo dosi di radiazioni molto elevate. Agli isolani fu richiesto di lasciare "temporaneamente" le loro case "per il bene dell'umanità e la fine di tutte le guerre".
In definitiva, 15 isole e atolli furono contaminati. Gli effetti divennero evidenti nei decenni successivi: a partire dal 1963 i nativi delle Isole Marshall esposti all'esplosione cominciarono a soffrire di tumori della tiroide, tra cui 20 dei 29 bambini di Rongelap.
Il peschereccio giapponese Daigo Fukuryū Maru (il Drago Fortunato 5), specializzato nella caccia al tonno, si trovava al di fuori dalla zona dichiarata off limits dalle autorità, ma fu fortemente contaminato. Alla vista del gigantesco fungo atomico della bomba il peschereccio cercò di allontanarsi, ma parecchio tempo fu perso per il recupero delle reti e i marinai furono pesantemente esposti al fallout radioattivo che, come nell'atollo di Rongelap, cadde come una neve finissima. Tutti i 23 membri dell'equipaggio ricevettero dosi di radiazioni elevate e uno di loro morì mesi dopo per avvelenamento da radiazioni.
L'evento ebbe un forte impatto in Giappone (erano passati solo 9 anni dalla fine della guerra) e determinò una crisi diplomatica.
Aggiungo, come nota di colore, che fu da questa esplosione (oltre alle tragedie di Hiroshima e Nagasaki) che in Giappone nacque il 'mito' di Godzilla, il mostruoso kaiju nato come conseguenza delle radiazioni atomiche.
L'inattesa potenza della bomba vaporizzò molti degli strumenti di misura che erano stati installati per raccogliere dati sull'esplosione. Molte delle informazioni che ci si attendeva andarono dunque perdute.
Nonostante il disastro causato dal test, il modello di bomba sviluppato per Castle Bravo fu subito ingegnerizzato per la produzione delle bombe termonucleari modello Mark-21, da 4 megatoni del tipo a gravità, trasportabili con un bombardiere strategico.
Il disastro di Castle Bravo ebbe un impatto significativo sull'opinione pubblica mondiale, ma dovettero trascorrere altri 9 anni prima della firma del trattato sulla messa al bando parziale dei test del 1963 che impegnò le superpotenze ad effettuare solamente esperimenti nucleari nel sottosuolo.
Ecco un video dell'esplosione
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